Perché scappano via le vocazioni adulte?

Ma che è tutta ‘sta cagnara su quelli della mia età? Sai, è cominciata quando “qualcuno” ha lasciato la comunità di don E. per passare a una diocesi dove gli hanno promesso qualcosa di più concreto. Come al solito don E. se l’è presa e si è lamentato contro il novello Giuda iscariota e contro tutte le vocazioni adulte, a suo dire inaffidabili, pigri, vanitosi.

Bhè! Io sono inaffidabile pigro e vanitoso esattamente quanto le prossime vocazioni che don E. accetterà, ma non è questo il motivo per cui ho lasciato la comunità. Quelli della mia generazione hanno un livello di tolleranza alle stronzate più basso dei ventenni,mentre la vita di comunità non è una passeggiata. Perciò se mettiamo insieme queste cose con il normale carico di fissazioni che ha ogni prete che come esperienza di vita ha solo il seminario e la facoltà teologica, nessuno si dovrebbe meravigliare che qualche vocazione gli sfugga di mano dopo meno di un anno di vita comune.

Quando uno è membro di una comunità gli viene detto che è davvero fortunato perché ci sono tanti che cercano e che vorrebbero entrare da qualche parte ma non possono (in realtà quei tanti vorrebbero essere già preti e magari pure fondatori di comunità e dire ai loro seminaristi: sai, sei davvero fortunato…)

Il problema è la mentalità dei preti. Un prete che comanda, comanda, comanda, comanda e ti sfianca di lavori di casa quando hai già lo studio della teologia e gli impegni di liturgia comunitari, viene generalmente descritto come formatore esperto. Ma se un seminarista chiede una sedia più decente nella propria stanza oppure arriva solo 10 secondi prima dell’inizio della preghiera, è considerato una primadonna viziata e chic. Così, quando capita un’occasione buona, il seminarista lascia perdere la comunità e scappa via da qualcuno che lo tratta meglio: nessuno se ne dovrebbe stupire.

Ho 30 anni, non sono un bambino e capisco quanto possa essere faticosa la vita di una piccola comunità nata da poco. Capisco che chi guida ha tanto da fare (tra organizzare, decidere, parlare…) da dover delegare i numerosi servizi di casa a chi è in formazione e anche chiedere un contributo economico. Prima di entrare in comunità avevo studiato ingegneria: dunque apprezzo l’organizzazione e apprezzo anche di più l’ottimizzazione progressiva. Cioè quando qualcosa va storto, si accetta come penitenza il risultato e si trae una lezione chiara e limpida per il futuro.

La lezione che ho tratto io da questi mesi di vita di comunità è che ci sono dei prerequisiti indispensabili per mettere una vocazione in condizioni di “dare tutto” alla comunità e di dare sempre di più nella gioia nel servire il Signore. Meditando e pregando ho capito che più questi prerequisiti sono soddisfatti e più un seminarista si spende con gioia per la comunità: sono sicuro che nel medioevo, quando c’era un monastero ogni due villaggi, questi requisiti erano soddisfattissimi.

La lista dei requisiti che mi hanno fatto decidere,è questa:

  1. chi guida la comunità deve desiderarmi in comunità almeno quanto io desideri entrarvi (domanda: al di là dei discorsi e delle belle parole… in comunità sei come un figlio, sei come un ospite, o sei come un sospetto criminale?)
  2. il mio superiore deve avere sufficiente esperienza di vita da capire esattamente quanto sia faticosa ogni cosa che mi comanda (in comunità sei come un figlio primogenito o come l’ultimo dei garzoni?)
  3. il mio superiore deve avere intelligenza e saggezza tali da indurmi a fidare di lui anche quando non capisco le sue motivazioni (il superiore di una comunità non è un comandante di caserma a caccia di sempre nuovi trucchi per controllare e far rigar dritte le reclute!)
  4. lo stile di vita deve ispirarmi assoluta convinzione (la vita comunitaria deve santificare e arricchire spiritualmente, non deve semplicemente eseguire un programma di attività per riempire le caselline dell’orario-calendario)
  5. la gestione economica della comunità deve ispirarmi fiducia e non deve sindacare sui miei soldi (il seminarista deve donare nella libertà e nel segreto, non è una banca, non ha fatto voto di povertà più assoluta di san Francesco, soprattutto non gradisce vedere spesi con faciloneria i soldi!)

Allora, caro don E., quando quel tizio è andato via dalla sera alla mattina senza quasi salutarti, è stato per il fatto di essere trentenne oppure per qualcuno di questi cinque punti?